Spesso ho letto la frase “Ognuno è esattamente nel punto in cui deve essere” ed espressioni simili per indicare che il momento che stiamo vivendo è proprio quello che ci serve e che ci siamo creati per affrontare un nodo emotivo, una esperienza da metabolizzare, per poter lasciare andare o integrare qualcosa. Per diversi anni la realizzazione che quel momento era esattamente il momento giusto sempre, a me veniva spesso a posteriori…e a volte molto a posteriori!
Come si può avere la realizzazione del momento giusto esattamente in sintonia con lo stesso momento? Ho iniziato ad arrovellarmi su questo… e a volte mi sono anche sforzata di accettare esperienze sgradevoli, cercando di sorridere e dicendomi che erano quello che mi serviva…che bruciore di stomaco mi faceva venire questo atteggiamento!
Mi ricordo di una cosa che mi ha detto uno dei miei istruttori, Thea una druidessa inglese: “Stay with your emotion, sit with it…” (Stai con la tua emozione, siedi con essa…) e io mi sono immaginata seduta sulla riva di un ruscello ad ascoltare il canto dell’acqua… per anni non ho ben compreso tutto questo; razionalmente sì, l’istruzione è chiara: si parla di non identificarsi con l’emozione che si prova, di viverla ma non diventare quella emozione qualunque essa sia però in pratica non riuscivo proprio a capire come poter “stare” con un’emozione… come fai a non viverla?
Non si tratta di non vivere le emozioni perchè il risultato sarebbe trasformarsi in un congelatore (cosa che ho tentato di fare e che per un periodo mi è venuto anche bene… brrr che brividi di freddo al solo pensiero!) e perdersi così tutta l’esperienza, il sapore, l’insegnamento e la conoscenza che ne derivano. Si tratta di più, da quello che ho sperimentato e che sto ancora sperimentando, di essere consapevoli di stare vivendo un’emozione, di osservare sé stessi in questa esperienza e di utilizzare queste informazioni per cambiare ciò che non ci rende felici e trovare d’altro canto la strada per quello che ci rende pienamente noi stessi.
Questa consapevolezza e osservazione (allenata nella quotidianità partendo con le piccole attività di routine) mi hanno portato a comprendere meglio il discorso del “momento giusto”; se all’inizio ho preso come soggetto attivo il momento (è lui che mi capita tra capo e collo e io subisco) ora sono io il soggetto attivo (cosa posso imparare da questa cosa che mi sta succedendo? Quale abilità posso mettere in gioco o allenare con questo momento?). Il momento si trasforma in esperienza che unita alla conoscenza diventa saggezza.
Non è più facile, più leggero, meno coinvolgente anzi per alcuni tratti è ancora più forte; attraverso la consapevolezza e l’osservazione può essere che ci si ritrovi più in profondità della situazione e le conseguenze si sentono e si provano in modo più intenso. Non vale la pena però non viverle per proteggersi, anzi credo sia meglio viverle fino in fondo e con pienezza per poterle poi lasciar andare e sentirsi maggiormente leggeri. Ho realizzato che è questo lo stare con le proprie emozioni e rimanere seduta sulla riva del ruscello (che è acqua e simboleggia le emozioni, l’emotività) rappresenta proprio questo lavoro di ascolto e di osservazione.
L’aspettativa di riconoscere nell’istante stesso dell’accadimento il fatto che il momento che si sta vivendo è esattamente quello giusto l’ho abbandonata… ho lasciato più spazio al vivere il presente, al lasciare che le cose seguano il loro ritmo, alla comprensione che le esperienze hanno e acquisiscono più significati nel corso del tempo, anche in base a come sono pronta io a recepirli.