Ultimamente mi è capitato di riflettere sul significato del “dono”. Con la mente so che è importante accogliere i doni che la vita offre, di come è essenziale porsi nei confronti delle avversità e delle situazioni sfidanti con uno sguardo aperto e cogliere gli insegnamenti che provengono da queste esperienze; so anche che i doni arrivano in forme e modi inaspettati. Fin qui tutto bene; posso sapere tutte queste cose e continuare ad attendere che dal “cielo” giungano questi famigerati doni…aspetto e guardo in alto senza rendermi conto che forse devo guardare altrove e soprattutto devo sapere cosa e come guardare. I doni arrivano sempre, li so riconoscere? E una volta riconosciuti ne so fare buon uso?
Mi arrivano due parole legate al dono: gratitudine e apertura.
GRATITUDINE
Per me ormai è naturale e spontaneo svegliarmi al mattino e ringraziare per i doni della giornata ed essere nello stesso tempo grata per quelli dei giorni precedenti e dei giorni futuri. Non è sempre stato così, anzi. Il sentimento di gratitudine per me era un qualcosa che veniva dato in cambio di altro. Io ho sempre amato fare doni; ora so che in realtà mi è sempre piaciuto fare regali, ovvero dare aspettandomi qualcosa in cambio. Per lo più i ritorni che mi sono sempre aspettata erano il riconoscimento e la gratitudine; più il regalo era consistente più mi sentivo fiera e mi aspettavo il pat-pat sulla testa come un buon cagnolino.
Il dono è “Quanto viene dato per pura liberalità, per concessione disinteressata o abnegazione, per grazia divina” (da il Devoto Oli Minore – Vocabolario della Lingua italiana). Aggiungo ancora un pezzo a questo, riportando il significato del verbo donare: “Dare con assoluta spontaneità e disinteresse/rivolgere, indirizzare/sacrificare, offrire”.
Il dono, quindi, si pone su tutt’altro piano rispetto al mio piacere di cui sopra; nella definizione si parla di “concessione disinteressata”, di “assoluta spontaneità”; ecco che diventa così un atto di amore, un modo per rendere sacro ciò che si sta offrendo (sia esso materiale o meno). In questo modo anche la mia gratitudine acquista un significato più profondo ancora e diventa un tutt’uno con il dono stesso; non è quella dell’altro, che mi aspetto in cambio, ma è intrinseca nell’atto stesso del donare.
Mi ritorna alla mente una frase che dice spesso una mia cara amica: “Questo è un dono prezioso”, riferendosi a oggetti ricevuti, a frutti della terra, al fuoco, alla natura, a situazioni sfidanti della vita anche …comprendo ora la potenza di queste parole e anche la gratitudine che mi trasmettono. Il dono è uno scambio, una rappresentazione del flusso e della connessione che si instaura tra noi e tutto ciò che ci circonda; riconoscerlo ed accettarlo in ogni sua forma diventa quindi anche un riconoscimento dell’essere parte del tutto.
La gratitudine inoltre per me è stata in grado di aiutarmi a vedere in momenti molto bui i doni che si celavano in questa oscurità: sono estremamente grata di aver potuto assistere fino alla fine mia zia nel momento della sua morte; è stato un dono molto prezioso aver potuto fare questa esperienza diretta, “vedere” la morte, le dinamiche che innesca, la vita che prosegue fino all’ultimo incurante di tutto e di tutti; sono riuscita a godere tutto questo e a viverlo come insegnamento e opportunità proprio grazie al sentimento di gratitudine. In quei giorni tristi mi ripetevo in continuazione come un mantra nella mia testa “Grazie per questa esperienza” e sono diventata gratitudine.
APERTURA
Se da un lato mi è sempre piaciuto fare regali, la difficoltà che ho avuto spesso è stata quella di aprirmi al riceverne; un po’ per l’idea di non meritarli, un po’ per evitare il fatto di dover ricambiare… dinamiche legate all’aspettativa e anche ad un aspetto meramente materialistico del regalo. Iniziando a realizzare in primis la differenza tra regalo e dono e poi in seguito il significato più profondo del dono, sto imparando anche ad aprirmi al ricevere. Ho iniziato con il fare spazio, con il liberarmi e lasciar andare ciò che ho valutato non mi fosse più utile. Fin dall’inizio di questo anno ho iniziato fisicamente a fare pulizia di vestiti, scarpe, libri, oggetti, stoviglie, insomma di tutto ciò che era lì più per abitudine, pigrizia o nostalgia che per effettiva utilità.
Questo mi ha dato modo di essere più leggera e anche di essere più consapevole del valore che hanno le cose che ti circondano. In un certo senso questo lavoro di “repulisti” mi ha permesso anche di comprendere parte degli atteggiamenti che adotto nella mia vita e di avere un mimino di consapevolezza su quali voglio adottare: un atteggiamento passa anche attraverso l’utilizzo di un oggetto o di un suo potenziale utilizzo (il mio pensiero è sempre stato: tengo lì quelle scarpe con tacco 12, non si sa mai magari un giorno potrei avere l’occasione di metterle…. ma mi interessa poi metterle un giorno quelle scarpe? Ma credo ancora che mi capiterà un’occasione per metterle?
Allora sono in un flusso di creazione della mia vita in cui voglio arrivare ad avere un’occasione per mettere le scarpe con il tacco? E in realtà perché dovrei avere un’occasione specifica per metterle? Se mi piacciono e voglio usarle perché non farlo senza dover aspettare l’occasione?… detto che il mio problema con il tacco 12 è che non potrei fare un passo senza rocambolare a terra!). Con la pulizia materiale sono diventata abbastanza brava; con la pulizia “spirituale”.. be’… work in progress…ma anche qui mi rendo conto che facendo spazio e lasciando andare atteggiamenti, pensieri, concezioni che mi tengono ancorata ad un certo modo di concepire il mondo e me stessa, mi permetto di aprirmi a nuove prospettive, nuove visioni, nuove modalità di esistere e che tutti questi sono dei doni.
Anche tutte le informazioni e gli insegnamenti che ho ricevuto e ricevo durante il mio percorso di crescita si trasformano e li realizzo come doni nel momento in cui faccio spazio, mi libero dal passato, allargo i confini del mio concepibile e “vedo” il dono. Mi è capitato spesso realizzare oggi un pezzo di un qualcosa che mi è stato detto anni fa o di un’esperienza vissuta tempo addietro, e in questo preciso momento di realizzazione comprendo il dono che mi è stato offerto.
Non mi sento in debito oppure non penso di non meritarlo; mi sento in realtà colma di gratitudine e vibrante di vita, qualsiasi sia la connotazione che umanamente posso dare al dono. Infatti cosa ho notato è che il dono viene spesso identificato come un qualcosa con una connotazione positiva; non viene valutato semplicemente per quello che è, non viene accolto in ogni sua forma e declinazione e non viene visto in prospettiva rispetto a dove ci può portare, a cosa ci può aiutare a lasciar andare ad esempio. Deve essere per forza una cosa bella tanto per intenderci.
La mia esperienza di oggi con il dono invece va oltre questa etichettatura, si tratta di più di accogliere ciò che naturalmente e spontaneamente ci viene offerto.
Mi sto anche chiedendo se poi il dono esiste veramente…in un’ottica ancora più ampia di connessione continua con tutto ciò che ci circonda, con il flusso dell’energia, è importante definire il dono? Non può essere semplicemente uno scambio di ciò che è? Può trattarsi semplicemente di un’etichetta per definire lo scambio naturale nel momento in cui sei connesso con la fonte.